Numerose e recenti sentenze sanciscono la decadenza dalle agevolazioni per l’acquisto prima casa al mancare dei requisiti formali richiesti dalla legge. Il succo è: non contano gli eventuali elementi fattuali ostativi anche non prevedibili al trasferimento della residenza nel Comune (si noti non nella casa) ma conta la rispondenza formale.
- Con riguardo alle agevolazioni fiscali prima casa, le condizioni previste per usufruire dei benefici sono inderogabili.
( Cass. Sent. n. 17597 del 12 ottobre 2012).
Il trasferimento di fatto nell’alloggio acquistato o lo spostamento dopo la compravendita della sede di lavoro nel comune dell’immobile non salvano dalla decadenza
Come previsto dalla normativa vigente (articolo 1, Nota 2-Bis della Tariffa, Parte 1, allegata al DPR n. 131 del 1986) l’agevolazione fiscale prevista per l’acquisto della prima casa compete se l’immobile è ubicato nel comune in cui l’acquirente ha la propria residenza ove la “stabilisce” entro diciotto mesi dalla data dell’acquisto, ovvero se l’immobile è ubicato nel comune in cui l’acquirente svolge la propria attività.
Se il trasferimento dell’attività lavorativa dell’acquirente nel comune in cui è ubicato l’immobile si verifica in un momento successivo all’acquisto, viene meno il presupposto per il godimento dell’agevolazione. (cfr. Cass. sent. n. 6905 del 2011 e Cass. sent. n. 5570 del 2011).
- Agevolazione prima casa :il beneficio fiscale compete solo se l’immobile è ubicato nel comune in cui abita l’acquirente ( Cass sent. n. 3384 del 12 febbraio 2013)
Di seguito un estratto della sentenza:
Motivi della decisione
I sig.ri (..) e (..) acquistarono un immobile sito in …… da destinare a prima casa del loro figlio minore (..), usufruendo dei relativi benefici di cui alla nota II-bis, articolo 1, D.P.R. 131 del 1986 e art. 43, comma 2 e 44 comma 1 e 144 cod.civ.
Dopo l’acquisto, peraltro, il padre trasferì la sua residenza a …… mentre il figlio che pur risiedeva di fatto presso il padre mantenne la sua residenza anagrafica presso la madre, in altro comune.
L’amministrazione finanziaria ha recuperato le agevolazioni e i contribuenti hanno impugnato il provvedimento davanti alla Commissione tributaria provinciale di …… che ha accolto la loro impugnazione.
La sentenza è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale.
Contro la pronunzia di quest’ultima ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate.
II ricorso è fondato sulla base della giurisprudenza di questa sezione che, nell’interpretazione della norma in esame conferisce valenza decisiva alla residenza anagrafica.
Cass. n. 4628 del 22/02/2008, infatti ha affermato che “in tema di imposta di registro ai sensi del comma II-bis della nota all’art. 1 della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (comma, applicabile “ratione temporis”, introdotto dall’art. 16 del d.l. 22 maggio 1993, n. 155, conv. in legge 19 luglio 1993, n. 143) – che ricalca sostanzialmente la disposizione contenuta nell’art. 2 del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, conv. in legge 5 aprile 1985, n. 118 – la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa richiede che l’immobile sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha la residenza.
Attesa la lettera e la formulazione della norma, nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, o all’eventuale successivo ottenimento della residenza, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio che deve sussistere alla data dell’acquisto”.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo dei contribuenti. Compensa le spese.
Il beneficio fiscale quindi compete solo se l’immobile è ubicato nel comune in cui abita l’acquirente, mentre è irrilevante la realtà di fatto se contrasta con il dato anagrafico.
Non compete l’agevolazione “prima casa” per l’acquisto di un immobile destinato al figlio minore che ha mantenuto la residenza con la madre in altra città, anche se l’altro genitore si è successivamente trasferito nel Comune in cui si trova l’immobile.
Sul tema, la giurisprudenza di legittimità (Cassazione 1530/2012) è attestata sul fatto che per avvalersi dell’agevolazione “prima casa” non è sufficiente la volontà, dichiarata dall’acquirente, di adibire l’immobile a propria abitazione, ma occorre che lo stesso venga effettivamente impiegato a uso abitativo, è un principio dettato in chiara funzione antielusiva, per la considerazione che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato sicuro, certificativo della situazione di fatto enunciata nell’atto di acquisto.
Da qui la manifesta infondatezza dei riferimenti a presunte violazioni di disposizioni costituzionali.
Occorre, peraltro, ricordare, in conclusione, che, ai sensi dell’articolo 44 codice civile, il trasferimento della residenza non può essere opposto ai terzi di buona fede, se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla legge.
- Agevolazioni per l’acquisto prima casa : abitazione di fatto senza residenza è motivo per decadere dai benefici (Cass. ord. nr 6834 del 19 marzo 2013).
Per l’imposta di registro e le imposte ipocatastali agevolate, non è sufficiente la volontà, dichiarata dall’acquirente, di adibire l’appartamento a propria abitazione.
Bisogna ricordarsi di trasferire ufficialmente la domiciliazione anagrafica nel Comune in cui si trova l’immobile, perché il richiamo alla presenza fisica quotidiana nel nuovo appartamento non può “azzerare” l’omissione e salvare i benefici. La mera dimenticanza non ha valore, afferma la Corte di Cassazione, con l‘ordinanza 6834 del 19 marzo 2013.
Il fatto
A seguito decisione sfavorevole della Commissione tributaria provinciale relativa all’avviso di liquidazione dell’imposta di registro e ipocatastali, inerente l’acquisto di una casa di abitazione, emesso dall’ente impositore al fine di recupero di quelle maggiori per decadenza dai benefici fiscali, due coniugi proponevano appello, che veniva riconosciuto fondato dalla Commissione tributaria regionale.
In particolare, il giudice di secondo grado osservava che il mancato trasferimento della residenza anagrafica nel diverso comune in cui si trova l’immobile era dovuto a mera dimenticanza, ma la documentazione acquisita comprovava che comunque gli acquirenti vi abitavano di fatto da tempo debito, sicché tale dato era sufficiente per la spettanza del beneficio.
L’ente impositore è ricorso per cassazione nei confronti della decisione del giudice deducendo violazione della legge di registro e delle imposte ipotecarie e catastali, in quanto la Commissione dell’appello non ha considerato che il dato anagrafico sia indispensabile per la fruizione del beneficio, potendo giustificare l’omissione soltanto la forza maggiore, ovvero il lavoro prestato all’estero o nello stesso comune in cui l’unità immobiliare è ubicata.
La decisione
Con l’ordinanza n. 6834/2013, la Cassazione ha rigettato completamente la tesi proposta dai due coniugi ciò in quanto,per espressa previsione normativa (comma 1, lettera a), della nota II-bis) all’articolo 1, della Tariffa allegata al Dpr 131/1986, la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa richiede che l’immobile sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha la residenza e “nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale” – ossia, in questo caso, la residenza “di fatto” – se essa contrasti con il dato anagrafico risultante dagli atti dello stato civile (cfr per tutte, Cassazione 1173/2008), come vivere nell’acquisita prima casa ma risiedere altrove (cfr Cassazione 3384/2013).
Tant’è che l’accesso alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa è indissolubilmente legato al presupposto della residenza anagrafica, la quale deve sussistere alla data dell’acquisto, ovvero entro il termine prescritto(diciotto mesi) .
Aggiunge poi la Corte un’importante precisazione, spiegando che soltanto nel caso in cui i contribuenti avessero dimostrato di essersi attivati tempestivamente con eventuale ritardo addebitabile esclusivamente all’ente locale (cfr Cassazione 4628/2008 sarebbe stato possibile sostenere una trsi positiva
Diversamente la giurisprudenza di legittimità è fermamente attestata sulla circostanza che per avvalersi dell’agevolazione “prima casa” non sia sufficiente la volontà, dichiarata dall’acquirente, di adibire l’immobile a propria abitazione, ma occorre che lo stesso venga effettivamente impiegato a uso abitativo (cfr Cassazione 1530/2012).
La circostanza che il beneficio venga espressamente subordinato alla “condizione che l’immobile acquistato sia ubicato nel Comune ove l’acquirente ha la propria residenza” di per sé, non consente il ricorso a una interpretazione estensiva della norma, né ad applicazione in via analogica, attese la chiarezza e l’inequivocità del dato letterale nonché la specialità della norma, che, portando deroga all’ordinario regime di tassazione, non consente interpretazioni sottese all’ampliamento della prefigurata casistica (cfr Cassazione 10807/2012).
- Secondo però i diretti interessati, l’Agenzia delle Entrate, la risoluzione n. 105/E del 31 ottobre 2011 – che supera la tesi espressa dalla Commissione Studi Tributari del consiglio nazionale del notariato nello studio numero 30/2005/T, Decadenza dalle cosiddette agevolazioni “prima casa”, limitativa della legittimità della rinuncia alla sola fattispecie della ‘forza maggiore’ ostativa al trasferimento di residenza – il contribuente che ha richiesto le agevolazioni “prima casa” impegnandosi a trasferire la propria residenza nel territorio del comune ove è ubicato l’immobile acquistato – se per ragioni personali decide successivamente di non adempiere a tale impegno, prima del decorso dei diciotto mesi di legge – non subirà l’applicazione della sanzione pari al 30% della differenza tra l’imposta agevolata e quella ordinaria.
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Ecco perché, avendo acquistato una casa con le agevolazioni “prima casa”, se per motivi personali (non per forza maggiore) non si pone la residenza nel Comune (nota bene non nella casa) in cui è ubicata la casa, si deve pagare solo la differenza tra quanto si sarebbe dovuto pagare, nel caso del Registro il 10% sul valore catastale rivalutato moltiplicandolo la rendita per 126 o nel caso dell’Iva il 10% sul prezzo, e quanto si è invece pagato, e cioè il 3 % del valore catastale rivalutato moltiplicando la rendita per 115,5 (non 126) o il 4% sul prezzo nel caso di acquisto ad Iva, mentre lo stesso diritto è stato per anni concesso e poi ancora negato a chi semplicemente chiedeva di “declassare” la propria agevolazione prima casa, pagando la differenza, allo scopo di acquistare un’altra prima casa più idonea.
Secondo l’Agenzia ciò è possibile solo se non si è portata la residenza nei 18 mesi.
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